Franco Vimercati fotografava, scriveva con la luce.
La fotografia è il risultato di una mutazione, è necessario un solo istante affinché la pressione del polpastrello sul pulsante si trasformi in immagine impressa, fissa, permanente. Esiste una relazione profonda e mai del tutto chiarita tra la fotografia e il tempo, una relazione che ha visto spesso la fotografia portare il peso della responsabilità di poter fermare il tempo. Vimercati ha insistito su questa relazione, indagandone le contraddizioni e intuendone le possibilità. Per l’artista non si tratta di mettere in pausa quel presente che Sant’Agostino sentiva troppo fuggevole, come un momento di separazione tra passato e futuro privo di estensione, un solo istante che era futuro e che è già passato,1 si tratta di uscire fuori dalle logiche temporali, dalle catene del tempo che inesorabile scappa da se stesso. Vimercati costruisce un nuovo ordine temporale in cui il minuto assume il sapore dell’eternità. In Un minuto di fotografia (1974), una famosa serie dall’aria enigmatica, l’artista mostra e l’osservatore vede lo scorrere di un minuto. Un click ogni cinque secondi, non uno in più o uno in meno, tredici immagini della stessa sveglia, sullo stesso fondo anonimo e incomprensibile. Se nulla sembra cambiare dalla prima alla tredicesima foto, è solo a uno sguardo più attento che diventa chiaro un piccolo mutamento, non mancano più quattordici minuti alle tre: è passato un minuto.
Cos’è allora un minuto? La stessa parola ha una natura ambigua, deriva dal latino minutus che testualmente vuol dire: fare più piccolo. Quel più suggerisce una relazione, si tratta di rimpicciolire qualcosa ed è naturale chiedersi cosa: il tempo come entità universale, la vita come presenza e durata, o forse l’eternità. Il lavoro di Franco Vimercati sta in questa riduzione, nel rimpicciolire l’eterno e racchiuderlo in una foto. Le sue serie sono minuti di vita, riduzioni di esistenza intrappolate in ogni scatto. Non pezzi ma riduzioni, in cui ognuno di quegli scatti è contenitore dell’intero esserci con le sue ambiguità e le sue contraddizioni.
È proprio questa forte presenza ad avvolgere di un’aura di mistero le serie di fotografie dell’artista, imbevute di una certa intimità enigmatica, inspiegabile, o forse inspiegabilmente chiara. Un clima criptico che diventa ancora più pressante nel fondo anonimo sul quale gli oggetti restano sospesi in un non-luogo che è niente, o in un dove che è ovunque, sconosciuto e familiare al tempo stesso, di cui non si riesce a comprendere il significato eppure certamente significativo.
Lungo il cammino tra le sedi di via Stradella – in occasione dell’ampia retrospettiva dal titolo Un minuto con cui la Galleria Raffaella Cortese, nel 2020, festeggiava i 25 anni della sua attività iniziata proprio con una mostra di Vimercati2 – qualcosa di quell’enigma diventa improvvisamente chiaro. I fondi all’apparenza esanimi sui quali si delineano i profili delle bottiglie, delle brocche, dei bicchieri, diventano vivi all’occhio di un osservatore attento, carichi della presenza dell’artista che ingombra e invade. Vimercati è lì, in ogni nero, in ogni bianco e in ogni sfumato, in un’atmosfera incognita di cui è parte e che anzi costituisce. In un tale busillis c’è dunque qualcosa di inequivocabile, l’esplicita consistenza del suo esserci, una presenza talmente forte da rendere oggetti all’apparenza così pop lo specchio dell’intimità profonda di qualcuno che non è me. Un artista che Marco Scotini definisce «isolato (per vocazione e destino), schivo e riflessivo»,3 ma che ha saputo mostrare il tempo e nella consapevolezza della sua universalità, farne termine per la relazione con l’altro. La sensazione di fronte al lavoro di Vimercati è come quella che si prova a stare dietro allo spioncino di una porta, come un voyeur di fronte al pressante quotidiano dell’artista e alla sua visione particolarissima del mondo e della vita. L’obiettivo della macchina fotografica diventa l’occhio attraverso il quale scorgere l’abituale di un uomo, che nella ripetizione ossessiva di una routine martellante trova il senso del suo esistere.
Vimercati scrive con la luce il diario del suo quotidiano e, rinunciando all’opera unica per dedicarsi alle serie, parla dello scorrere di una routine fatta di ripetizioni mai sovrapponibili, di impercettibili mutamenti.
Casa Morandi – che di recente ha ospitato la mostra Vimercati-Morandi. Ripetizioni differenti4 – ha voluto sottolineare il legame tra Vimercati e Morandi. Soggetti ripetuti all’apparenza anonimi; visioni frontali studiate con attenzione; immagini a un primo sguardo esanimi, immobili; nature morte che prendono vita nello scorrere del tempo; visioni simili ma mai uguali, oggetti di sottili mutazioni, registratori del costante divenire. Nel lavoro di entrambi gli artisti il tempo si incastra, in Vimercati nell’obiettivo della macchina fotografica, tra uno scatto e un altro, in Morandi tra una visione e una pennellata.
Il tentativo di mostrare lo scorrere del tempo con le lievi variazioni di luce e di senso tra un secondo e quello dopo è un nodo centrale nel ragionamento di Vimercati e Scotini lo descrive chiaramente: «Quella di Vimercati non è una fotografia di oggetti, nonostante tutta la letteratura critica che è stata dedicata ai suoi referenti prosaici e domestici (dalla brocca al vaso, dalla moka alla zuppiera). Piuttosto è una fotografia di eventi, di metamorfosi minimali e marginali, di avvenimenti che sfuggono al controllo. Non un catalogo di cose ma un archivio del tempo».5
Vimercati compie quasi ossessivamente sempre lo stesso gesto: fotografa una sveglia ogni cinque secondi, scatta 36 foto alla stessa bottiglia (Bottiglie di acqua minerale, 1975). In ognuna di quelle foto è racchiusa l’intimità di un momento, e ogni scatto è parte di una serie che diventa immaginario del tempo.
Il suo lavoro tratta di uno scorrere inarrestabile, non prova a catturare il tempo, prova a vederlo, osservarlo e poi mostrarlo, ed è in quel momento che quel tempo cessa di appartenere al suo intimo e diventa collettivo, riguarda ognuno.
Casa Morandi, nel mostrare il legame del fotografo con il pittore bolognese, mette in luce questa volontà insita nel lavoro di entrambi: non fermare il tempo ma rappresentarlo. Un tempo personale e privato ma al contempo universale.
La galleria Raffaella Cortese, tornando a Un minuto, a quella unità minima del tempo, porta alla luce quel diverso modo di vivere la temporalità di un artista all’apparenza eremita, che ha invece vissuto la più intensa forma di interconnessione col mondo nella donazione della propria intimità.
Possiamo dire a questo punto che entrambe le mostre hanno reso visibile il paradosso dell’opera di Vimercati: la possibilità dell’intimo di divenire relazione.
Come la terra che solerte si ostina a girare su se stessa regalandoci l’alternarsi del giorno e della notte, con la stessa ostinazione Vimercati si fonde con la propria intimità e dona la propria normalità e la propria temporalità. Chi guarda le sue serie vede il mondo attraverso i suoi occhi, assapora le sue sensazioni e sente l’universo dentro a un minuto.
Arte e Critica, n. 96, autunno – inverno 2021, pp. 27 – 30.
1. Agostino, Le confessioni, a cura di M.Bettetini, Einaudi, Torino 2015.
2. La Galleria Raffaella Cortese ha ospitato dal 30 settembre 2020 al 23 gennaio 2021 Un minuto, a cura di Marco Scotini. La mostra era accompagnata dal catalogo Franco Vimercati. Un minuto di fotografia / One Minute of Photography, che raccoglie un’ampia selezione delle opere di Vimercati e interventi di P.Fossati, L.Ghirri, E.Grazioli, J.Hontoria, A.Madesani, S.Menegoi e M.Scotini (Quodlibet, Macerata 2020). Le tre sedi di via Stradella hanno ospitato ognuna un decennio del lavoro dell’artista: nella sede di via Stradella 7 i lavori degli anni Settanta; nella sede di via Stradella 4 i lavori degli anni Ottanta; nella sede di via Stradella 1 i lavori degli anni Novanta.
3. M.Scotini, “Un minuto e il possibile”, in M.Scotini (a cura di), Franco Vimercati…, cit.
4. Casa Morandi ha ospitato dall’8 maggio al 18 luglio 2021 Vimercati-Morandi. Ripetizioni differenti, a cura di L.Balbi, promossa da Istituzione Bologna Musei / Museo Morandi con la collaborazione di Archivio Franco Vimercati e Galleria Raffaella Cortese.
5. M.Scotini, “Un minuto e il possibile”, in M.Scotini (a cura di), Franco Vimercati…, cit.
Franco Vimercati who photographed, who wrote with light.
Photography is the result of a mutation, it takes just an instant for the pressure of the fingertip on the button to be transformed into an impressed, fixed, permanent image. There is a profound and never fully clarified relationship between photography and time, a relationship that has often seen photography bear the burden of the responsibility of being able to stop time. Vimercati has insisted on this relationship, investigating its contradictions and intuiting its possibilities. For the artist it is not a question of pausing that present that Saint Augustine felt was too fleeting, like a moment of separation between past and future without extension, a single instant that was future and is already past,1 it is a question of escaping the logic of time, breaking the chains of time that inexorably runs away from itself.
Vimercati constructs a new temporal order in which the minute takes on the flavor of eternity. In Un minuto di fotografia [One Minute of Photography] (1974), a famous series with an enigmatic air, the artist shows and the observer sees the passing of a minute. A click every five seconds, not one more or one less, thirteen images of the same alarm clock, on the same anonymous and incomprehensible background. If nothing seems to change from the first to the thirteenth photograph, it is only when one takes a closer look that a small change becomes clear: there are no longer fourteen minutes to go before three o’clock: one minute has passed.
What is a minute then? The word itself has an ambiguous nature, it derives from the Latin minutus, which means: to make smaller, more small. That more suggests a relationship, it is a question of shrinking something and it is natural to wonder what: time as a universal entity, life as presence and duration, or perhaps eternity. Franco Vimercati’s work lies in this reduction, in shrinking the eternal and enclosing it in a photo. His series are minutes of life, reductions of existence trapped in each shot. Not pieces but reductions, in which each of those shots is the container of the entire being in the world with its ambiguities and contradictions.
It is precisely this strong presence that envelops the artist’s series of photographs with an aura of mystery, imbued with a certain enigmatic, inexplicable, or perhaps inexplicably clear intimacy. A cryptic atmosphere that becomes even more pressing in the anonymous background on which the objects remain suspended in a non-place that is nothing, or in a place that is everywhere, unknown and familiar at the same time, of which we cannot understand the meaning and yet is certainly significant.
Along the path through the exhibition venues in via Stradella – on the occasion of the extensive retrospective titled Un minuto [One minute] with which Galleria Raffaella Cortese, in 2020, celebrated 25 years of its activity, which started precisely with an exhibition of Vimercati2 – something of that enigma suddenly becomes clear. The apparently lifeless backgrounds on which the shapes of the bottles, jugs and glasses are outlined, become alive to the eye of an attentive observer, charged with the presence of the artist that looms and invades. Vimercati is there, in every black, in every white and in every shade, in an unknown atmosphere of which he is part and which he actually constitutes. In such a conundrum there is therefore something unequivocal, the explicit consistency of his being there, a presence so strong as to make apparently pop objects the mirror of the deep intimacy of someone who is not me. An artist that Marco Scotini defines as «isolated (by vocation and destiny), reserved and contemplative»,3 but who has been able to show time and, in the awareness of its universality, make it a term for the relationship with the other. The sensation in front of Vimercati’s work is like that of being behind the peephole of a door, like a voyeur in front of the pressing daily life of the artist and his very particular vision of the world and of life. The camera lens becomes the eye through which to glimpse the habitual life of a man, who in the obsessive repetition of a pressing routine finds the meaning of his existence.
Vimercati writes with light the diary of his daily life and, renouncing the single work to devote himself to the series, he talks about the flow of a routine made of never superimposable repetitions, of imperceptible changes.
Casa Morandi – which recently hosted the exhibition Vimercati-Morandi. Ripetizioni differenti 4 – wanted to highlight the link between Vimercati and Morandi. Repeated, apparently anonymous subjects; carefully studied frontal visions; images that at first glance appear lifeless, immobile; still lifes that come to life in the passing of time; visions that are similar but never the same, objects of subtle mutations, recorders of constant becoming. In the work of both artists, time fits, in Vimercati in the camera lens, between one shot and another, in Morandi between a vision and a brushstroke.
The attempt to show the passing of time with the slight variations of light and sense between one second and the next is the heart in Vimercati’s reasoning and Scotini describes it clearly: «Vimercati’s work is not the photography of objects, despite all the critical literature dedicated to his prosaic and domestic references (from the jug to the vase, from the moka percolator to the soup tureen). Rather, it is the photography of events, of minimal and marginal metamorphoses, of events that escape our control. Not a catalog of things but an archive of time».5
Vimercati almost obsessively performs the same gesture: he photographs an alarm clock every five seconds, he takes 36 photos of the same bottle (Bottiglie di acqua minerale, 1975) [Bottles of Mineral Water]. Each of those photos contains the intimacy of a moment, and each shot is part of a series that becomes the imagery of time.
His work deals with an unstoppable flow, he doesn’t try to capture time, he tries to see it, observe and then show it, and it is at that moment that time ceases to belong to his innermost being and becomes collective, it concerns everyone.
Casa Morandi, in showing the link between the photographer and the Bolognese painter, highlights this will inherent in the work of both: not to stop time but to represent it. A time that is personal and private but at the same time universal.
Galleria Raffaella Cortese, returning to Un minuto, to that minimal unit of time, brings to light that different way of living the temporality of an artist who appears to be a hermit, but who has instead experienced the most intense form of interconnection with the world in the donation of his own intimacy.
At this point we can say that both exhibitions have made visible the paradox of Vimercati’s work: the possibility of the intimate in becoming a relationship.
Like the earth that stubbornly keeps on turning on itself, giving us the alternation of day and night, with the same obstinacy Vimercati merges with his own intimacy and gives us his normality and his temporality. Whoever looks at his series sees the world through his eyes, savors his sensations and feels the universe within a minute.
Arte e Critica no. 96, Autumn – Winter 2021, pp. 27 – 30.
1. Augustine, Le confessioni [The Confessions], edited by M.Bettetini, Einaudi, Turin 2015.
2. Galleria Raffaella Cortese hosted Un minuto [One minute], curated by Marco Scotini, from September 30, 2020, to January 23, 2021. The exhibition was accompanied by the catalog Franco Vimercati. Un minuto di fotografia / One Minute of Photography, which collects a wide selection of Vimercati’s works and contributions by P.Fossati, L.Ghirri, E.Grazioli, J.Hontoria, A.Madesani, S.Menegoi and M.Scotini (Quodlibet, Macerata 2020). The three locations in via Stradella have each hosted a decade of the artist’s work: in the location in via Stradella 7 the works from the 1970s; in the location in via Stradella 4 the works from the 1980s; in the location in via Stradella 1 the works from the 1990s.
3. M.Scotini, “Un minuto e il possibile” [“One Minute and the Possible”], in M.Scotini (edited by), Franco Vimercati…, cit.
.4 Casa Morandi hosted from May 8 to July 18 2021, Vimercati-Morandi. Ripetizioni differenti, curated by L.Balbi, promoted by Istituzione Bologna Musei / Museo Morandi with the collaboration of Archivio Franco Vimercati and Galleria Raffaella Cortese.
5. M.Scotini (edited by), “Un minuto e il possibile” [“One Minute and the Possible”], Franco Vimercati…, cit.