Leggendo le pagine che Lara-Vinca Masini ha scritto in qualità di storica e critica d’arte nell’arco di sei decenni, si ha l’impressione di osservare la varietà di sfumature in cui si dirama un raggio di luce bianca attraversando un prisma. Eppure la luce non si scinde in modo netto e delineato, bensì si diffonde con una certa armonia rivelando i vari colori che compongono l’iride. Una simile eterogeneità caratterizza tutto il lavoro della studiosa fiorentina, confluito per la prima volta in un unico volume pubblicato da Gli Ori, Scritti scelti 1961-2019. Arte Architettura Design Arti Applicate, a cura di Alessandra Acocella e Angelika Stepken, le quali, dovendo muoversi all’interno di una vasta produzione, hanno scelto di privilegiare gli studi dedicati al contemporaneo.
Appassionatasi inizialmente all’arte grazie all’attività del nonno, restauratore, cui subentrò successivamente la zia, esperta dell’Ottocento, l’interesse di Lara-Vinca Masini è stato alimentato nel corso degli anni dalla possibilità di instaurare un dialogo fra artisti, architetti, designers, stilisti, in una prospettiva transdisciplinare, ed è stato orientato anche verso le cosiddette arti applicate, come la ceramica e il gioiello contemporaneo, senza cadere nella trappola degli obsoleti compartimenti stagni, ma considerando ogni aspetto come frutto di un’unica sensibilità. Scorrendo i suoi scritti, da un lato traspare in modo cristallino la ricerca verso la vitalità all’interno dell’arte, arricchita da relazioni di amicizia e di scambio intellettuale. Un esempio ce lo offrono le pagine dedicate a Ettore Sottsass jr, ove fra le righe si intravedono la stima e l’affetto profondo che Lara-Vinca Masini ha nutrito nei suoi confronti e in quelli di Fernanda Pivano. O ancora l’amicizia con Paolo Scheggi, che la portò a conoscere la stilista Germana Marucelli e a interessarsi al dialogo che questa aveva instaurato sia con Scheggi, con i suoi gioielli-specchio, sia con Getulio Alviani, i cui disegni di stoffe, modelli e gioielli erano pensati ad hoc per la realizzazione su tessuti. Ciò la incentivò ad approfondire il modo in cui l’oreficeria da artigianato era diventata arte e l’approccio che vari artisti avevano avuto in merito, scrivendo testi come Gioiello d’Artista, gioiello d’Autore (2001).
“Una vita ad osservare, senza la volgarità di una tregua: li ha voluti osservare tutti i capricci nati dalle altezze insensate delle vite labirintiche vessate dalla Bellezza”. 1
Dall’altro lato, invece, prorompe la veemenza con cui Lara-Vinca Masini ha lottato contro varie forme di chiusura mentale – che vanno dal frequente disinteresse delle istituzioni verso il rinnovamento e le realtà periferiche fino alle riflessioni degli ultimi anni, come in Dov’è l’umanità? (2018), rispetto all’accoglienza dei migranti.
Sin dal 1961, infatti, scrivendo Nella tradizione contro la tradizione, un testo concepito per l’apertura della galleria Quadrante a Firenze, l’autrice aveva cominciato a denunciare l’automatismo crescente nel vivere quotidiano e a proclamare l’esigenza di una nuova semplicità. Quella ideata e progettata per Matilde Giorgini dal fratello e architetto Vittorio era una delle prime gallerie di avanguardia che nasceva nella città fiorentina, la cui architettura-espressione entrava in contrasto con l’arroccamento su posizioni tradizionalistiche e la fede cieca in una “Firenze turistica very beautiful”, in cui “gli edifici, i palazzi, i monumenti hanno finito per essere scheletri che conservano un’immagine di sola facciata”.2
Nella primavera del 1963, curando la XIV Mostra nazionale Premio del Fiorino a Palazzo Strozzi, Lara-Vinca Masini mise in luce la condizione di generale chiusura che aveva condotto la città fiorentina all’esclusione dalle manifestazioni a carattere nazionale, oltre all’assenza di un centro per l’arte contemporanea. Un caso isolato nella storia del Premio, che vide il coinvolgimento di critici non fiorentini come Umbro Apollonio, Francesco Arcangeli, Giulio Carlo Argan, Renato Barilli, Fortunato Bellonzi, Mario De Micheli, Gillo Dorfles, Marisa Volpi nel tentativo di spostare l’interesse della cultura nazionale su Firenze. Proprio a partire dagli anni ’60, l’intervento dell’uomo nello spazio cominciò a essere considerato necessario affinché si recuperasse una nuova visione del mondo e si riscoprisse la città come “immagine totale”, ricollocando “l’arte nella sua funzione di orientamento attivo nella vita umana, attraverso quella facoltà di creatività che è propria del fenomeno artistico”.3
Le successive edizioni del Premio, tuttavia, confermeranno il carattere conservatore dell’iniziativa, come sottolineerà la curatrice in I fiori non colti (1969), pubblicato su “NAC. Notiziario Arte Contemporanea”.
Nel frattempo, lavorando nella redazione di “seleArte” (1952-1966), la rivista di Carlo Ludovico Ragghianti, aveva avuto modo di conoscere artisti e architetti e dal dialogo con questi era nato il Centro Proposte, dove nel 1965 venne organizzata la Prima triennale itinerante d’architettura italiana contemporanea, una mostra che si proponeva di assumere e risolvere i problemi della massificazione dell’edilizia industrializzata, mettendo in luce le linee direzionali dell’architettura italiana e sollevando la questione delle realtà periferiche e degli antichi centri storici. In particolare, Lara-Vinca Masini riteneva che l’opera dovesse essere un “mezzo di caratterizzazione psicologica ed esistenziale dello stesso contenuto urbano […] una volta che si ammetta l’immagine della città non come precostituita, statica, ma come flessibilità variante, come ‘strutturazione organica’ e dinamica, cioè come ‘opera aperta’, e si parli di ‘town-design’ secondo una gamma estremamente vasta di possibilità”.4 In tal senso sosteneva una serie di proposte che dall’oggetto singolo, dall’inscape, risalissero alla città costruendo un “campo di accadimenti” libero e consapevole. Nel 1967, infatti, avrebbe scritto, insieme ad autori come Germano Celant e Giulio Carlo Argan, nel catalogo della mostra Lo spazio dell’immagine a Foligno, che presentava per la prima volta in Italia interventi nello spazio ambientale. Il comune denominatore era una stessa intenzionalità di fondo, che nasceva da “coincidenze di modi di essere e di agire nell’arte”, orientata verso la consapevolezza di una responsabilità nei confronti della società.
Il risveglio di una coscienza collettiva si ebbe improvvisamente il 4 novembre 1966 quando alla città di Firenze fu offerta la possibilità di ripartire con una rigenerante spinta vitale dopo gli straripamenti del fiume Arno. Un raro spirito di cooperazione trovò espressione nella Facoltà di Architettura e la volontà di liberarsi dai limiti di un corporativismo obsoleto, presente anche nella proposta di Giuseppe Gori di avvicinare gli studenti di architettura a una progettazione concreta e reale, sfociò intorno al ’68 nella linea di ricerca conosciuta come Architettura Radicale che, insieme all’anti-design, rifiutava il condizionamento consumistico e la professionalità tradizionale. Dopo essersi interessata all’Arte Programmata, che si proponeva di assumere i mezzi dei metodi tecnico-scientifici a fine estetico, Lara-Vinca Masini aveva iniziato a frequentare gli studi dei Radicali. Le esperienze di Archizoom, Superstudio, UFO, 9999, Zziggurat, Gianni Pettena, Remo Buti, nel 1972 vennero riconosciute a livello internazionale con la mostra Italy: the New Domestic Landscape al MoMA di New York, mentre Gian Piero Frassinelli, di Superstudio, collaborò nel 1980 all’allestimento di un grande progetto espositivo curato da Lara-Vinca Masini a Firenze, Umanesimo, Disumanesimo nell’arte europea 1890/1980, reso possibile dall’allora assessore alla cultura Francesco Carmalinghi, che perse il suo incarico durante i preparativi della mostra. La manifestazione consistette, da un lato, in interventi site-specific e performativi nello spazio urbano degli artisti Sandro Chia (in collaborazione con Renato Ranaldi), Giuseppe Chiari, Luciano Fabro, Rebecca Horn, Fabio Mauri, Hermann Nitsch, Wolf Vostell, e degli architetti radicali Haus-Rucker-Co e Hans Hollein, dall’altro in una mostra di pittura europea a partire dal 1890, relazionata con il tessuto storico-culturale della città.
A tal proposito Angelika Stepken racconta la violenza con cui la manifestazione fu ostacolata, sia durante i preparativi, con interventi di sabotaggio, sia con atti di vandalismo contro opere in cortili interni, la chiusura di parti della mostra e “l’indignazione veemente e militante della stampa locale al fatto che a questi artisti e architetti internazionali […] fosse stata concessa visibilità nel contesto (pseudo) storico della città”.5 Anche Lara-Vinca Masini, nell’introduzione a una mostra-archivio presso Villa Romana nel 2017, ha rievocato quel momento di rifiuto da parte del capoluogo toscano e la sensazione di aver gettato le perle ai porci, nonostante il progetto avesse ottenuto un riscontro sia a livello internazionale che da parte della cultura artistica e filosofica italiana. Nelle parole dello stesso Frassinelli si delinea la militanza della studiosa fiorentina che “annidata fra trincee di libri […] sparava bordate a chiunque riteneva lo meritasse, senza tenere in alcun conto il proprio interesse […] Ci andava giù duro, specie contro chi, detenendo il potere, lo usava in maniera inetta o per i propri interessi”.6
Il forte dissenso incontrato non fece demordere Masini, che continuò la sua battaglia facendo parte, insieme ad Aldo Passoni, Zeno Birolli, Vera Durbé e Vittorio Fagone, del comitato scientifico del Museo Progressivo d’Arte Contemporanea di Livorno (1974-1989), curando mostre di Enrico Baj, Alberto Moretti o collettive sul Cinema d’Artista o sulla Narrative Art. Fu probabilmente in questo periodo che decise di impostare il suo approccio metodologico seguendo la “linea dell’unicità”, che ha come riferimenti l’istintualità, la soggettività, il dionisiaco, e la “linea del modello”, impostata sull’idea di un progetto costruttivo, sulla razionalità, sull’apollineo. Questo metodo di ricerca confluì in seguito nei quattro volumi pubblicati da Giunti, La linea dell’unicità (1989) e La linea del modello (1996), in cui ripercorre la storia dell’arte e dell’architettura del XX secolo. Negli anni ’80, inoltre, collaborò alla rassegna Made in Florence (1983-1987), interessandosi in particolare delle ricerche di Paolo Scheggi, Alberto Moretti e Maurizio Nannucci, mentre all’inizio del decennio successivo scrisse per Sansoni Dizionario del fare arte contemporaneo. Pittura, Scultura, Architettura, Poesia, Cinema, Teatro, Musica di ricerca, Design, Fotografia, dalla metà degli anni ’50 a oggi.
Nell’ultimo ventennio ha continuato a scrivere e a curare mostre, dedicandosi parallelamente alla sistemazione del suo grande archivio privato, costituito da libri, opuscoli, manifesti, lettere, materiali fotografici e audiovisivi, “la rassegna di un’epoca geniale – ricorda Renato Ranaldi – l’epoca del coraggio, quando era testimone di eresie linguistiche. […] Il mito, si sa, passa di bocca in bocca, di penna in penna, la Profetessa sa che il suo passato rischia di cadere nell’oblio più opaco se qualche mitografo con la faccia di bronzo, non si affretti a raccontare ciò che non è stato ma è stato se qualcuno lo scrive, anche male”.7
Un passato acceso dal bagliore di un’infuocata perseveranza, costantemente alimentata dal credere fortemente nella memoria del futuro, “una memoria non ripiegata su se stessa, ma usata come stimolo per il recupero di una creatività nutrita di una linfa nuova che ritrovi, anche nel passato, una sorta di preveggenza di un futuro non scontato. […] la città deve crescere, deve portare il suo contributo di attualità, deve rinnovarsi, ma senza distruggere la sua memoria storica, anzi accrescendone il significato con un contemporaneo che le sia degno. […] Ed è proprio la memoria del passato quella che dovrebbe nutrire la memoria di un futuro degno del passato, non schiavo di una globalizzazione male interpretata, mirante solo al profitto egoistico ed immediato.”8
Il lascito di Lara-Vinca Masini, afferma Stefano Pezzato, è fatto di passioni, di epiche imprese editoriali e di relazioni di una vita intera, le quali, come ricorda Alessandro Poli, avevano luogo “in via Biagi n.1, nella sua abitazione-studio […] su un terrazzo dove le piante crescevano in continuità con i libri. Un luogo […] di ‘accumulazione spontanea’, dove nascevano idee che spesso rimanevano idee, comunque erano importanti.”9
“Il suo incommensurabile impegno” – per finire, come ricorda Giuliano Gori – “di una intera vita dedicata al suo ‘credo’ nell’arte, resterà un punto di partenza per le future generazioni che vorranno approfondire la storia dell’arte attraverso il XXI secolo.”10
[Lara-Vinca Masini, Scritti scelti 1961-2019. Arte Architettura Design Arti Applicate, a cura di A. Acocella e A. Stepken, Gli Ori, Pistoia, 2020]
Arte e Critica, n. 95, autunno – inverno 2020, pp. 108-109.
NOTE
1. R. Ranaldi, “Lara Sibilla”, 2019, in L. V. Masini, Scritti scelti 1961-2019. Arte Architettura Design Arti Applicate, a cura di A. Acocella e A. Stepken, Gli Ori, Pistoia, 2020, p.412.
2. L. V. Masini, “Architettura e arti visive a Firenze nell’ultimo mezzo secolo”, 2013, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., p.345.
3. L. V. Masini, “Lo spazio dell’immagine”, 1967, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., p.65.
4. L. V. Masini, “Funzione attuale dell’opera plastica nel tessuto urbano”, 1965, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., p.51.
5. Angelika Stepken, “Per una deistituzionalizzazione estetica e sociale. Lara-Vinca Masini: 60 anni pensare con arte”, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., p.385.
6. G. P. Frassinelli, “Le guerre di Lara”, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., pp.395-396.
7. R. Ranaldi, “Lara Sibilla”, 2019, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., pp.404-406.
8. L. V. Masini, “La memoria del futuro e futuro della memoria”, 2007, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op.cit., pp.311-314.
9. A. Poli, “Racconto del percorso tra arte, architettura e design condiviso con Lara”, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., pp.397-398.
10. G. Gori, “Lara, onnisciente della cultura contemporanea”, in L. V. Masini, Scritti scelti…, op. cit., p.387.