Il coraggio di compiere scelte alternative. Questa la qualità che meglio caratterizza il percorso di Tucci Russo, titolare di una delle gallerie più importanti in Italia dal punto di vista storico, artistico e culturale, giunta a celebrare il quarantesimo anno di attività.
In costante dialogo con gli artisti, dal 1975 a oggi Tucci Russo ha contribuito a scrivere la storia degli esponenti torinesi dell’Arte povera e non solo. Si tratta di un vero e proprio outsider rispetto al sistema dell’arte, in quanto ha sempre svincolato la sua programmazione espositiva da ogni sorta di classificazione, di moda e di mondanità, per perseguire una modalità operativa che spazia dal quadro alla scultura, dall’installazione fino alla performance, ma che alla base ha quale fil rouge un’evidente componente poetica.
Dimostra il suo essere fuori dal coro la sua storia personale e professionale.
All’età di venti anni, assieme a Giulio Sapelli, Paolo Mussat Sartor e Renato Ferraro, si iscrive alla FIGC e con loro viene delegato al Secondo Circolo Gramsci. Dedicandosi parallelamente alla poesia visiva e alla scrittura, nel 1964-65, con un gruppo di amici, fonda la casa editrice Pithecanthropus, tanto anticonformista da causare un processo pubblico per oscenità.
Poliedrico negli interessi, a partire dal 1966 frequenta gli artisti torinesi dell’Arte povera, per divenire due anni dopo direttore della Galleria Sperone. L’attività nel campo dell’arte non lo distoglie tuttavia dall’interesse verso le questioni socio-politiche coeve: durante il 1968 frequenta l’ambiente di Potere Operaio, cercando poi (ma senza risultato) di intessere un rapporto di collaborazione tra Lotta Continua e gli artisti poveristi.
Nel 1974 la svolta: decide di lasciare la prestigiosa Galleria Sperone e inaugurare una personale linea di ricerca che, reagendo a una situazione culturale la quale privilegiava l’internazionalità a scapito della ricerca artistica italiana e che stava trasformando la figura del gallerista in mercante atto ad importare e vendere per lo più arte americana, lo contraddistinse dalle scelte di collezionisti e galleristi a lui contemporanei. Nel 1975, in società con Paolo Marinucci, apre allora una propria galleria nel centro di Torino, in via Fratelli Calandra, in un garage seminterrato di 300 mq: l’intento è quello di fare da tramite per la conoscenza sia di ricerche italiane già riconosciute sia di sperimentazioni più recenti, nonché di fornire un contrappeso rispetto alla programmazione espositiva delle altre gallerie incentrata sulla situazione artistica internazionale. Dati i problemi di salute di Marinucci, alla fine del 1975 Tucci Russo prosegue da solo il percorso, trasferendo la galleria in corso Tassoni, negli spazi del Mulino Feyles, il primo mulino industriale di Torino. Lungo trenta metri, largo dodici e con un piano superiore di 200 mq, accoglie le mostre non solo degli esponenti dell’Arte povera, ma anche di artisti internazionali quali Tony Cragg, Daniel Buren e Thomas Schütte.
Dal 1982 viene affiancato dalla sua compagna Lisa e nel 1990 trasferisce la galleria in via Gattinara, ma essendo le spese insostenibili a seguito della crisi provocata dalla Guerra del Golfo, nel 1994 opta per ricominciare per la quarta volta ex novo, questa volta spostandosi fuori città, a Torre Pellice, in un grande edificio, completamente da ristrutturare, che nel tempo ha ampliato aggiungendo via via gli ambienti dell’attiguo complesso dell’ex stamperia. Sembrava una follia aprire uno spazio espositivo in un luogo così decentrato e così ampio da poter apparire agli artisti difficilmente gestibile. Invece, attirò da subito un gran numero di visitatori e gli artisti vi si approcciarono con entusiasmo. Si annoverano infatti le personali di autori già esposti in precedenza, che Tucci Russo non ha mai abbandonato, ma anche di artisti più giovani quali Mario Airò, Gianni Caravaggio, Francesco Gennari, Christiane Löhr, Paolo Piscitelli, Robin Rhode e Conrad Shawcross, a dimostrazione della sempre viva apertura nei confronti delle ricerche coeve.
Ed è proprio negli spazi museali di Torre Pellice che è stata pensata Basico III, un’esposizione volta a celebrare il quarantesimo anniversario di Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea.
Il numero romano che segue il titolo sottende l’esistenza di due mostre omonime tenutesi rispettivamente nel 2004 e nel 2010 in occasione di due precedenti anniversari. Le tre collettive intitolate Basico hanno quale comune denominatore l’esposizione del lavoro di artisti che possono definirsi “compagni di viaggio” di Tucci Russo, in quanto lo hanno seguito, per amicizia e/o per lavoro, fin dagli esordi. Esporre le loro opere significa fornire non solo uno spettro dell’attività espositiva della galleria, ma soprattutto ricordare e ricondurre al presente i rapporti, le amicizie, le esperienze di vita vissute dal gallerista a fianco degli artisti.
Se la mostra del 2004 – presentando assieme ai lavori degli italiani Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Mario Merz, Giulio Paolini e Giuseppe Penone, le opere di Carl Andre, Daniel Buren, Sol LeWitt, Richard Long e Bruce Nauman – si proponeva di porre in luce alcuni passaggi fondamentali della ricerca artistica internazionale dalla fine degli anni Sessanta ai primi Settanta, la collettiva del 2011 accentrava invece l’attenzione sulla compagine poverista vicina a Tucci Russo fin dai suoi inizi – Anselmo, Calzolari, Mario e Marisa Merz, Paolini, Penone.
Basico III torna a concentrarsi sugli artisti dell’Arte povera (Anselmo, Calzolari, Kounellis, Mario e Marisa Merz, Paolini, Penone, Zorio), affiancandoli però a due artisti stranieri della stessa generazione (Daniel Buren e Richard Long) che hanno sempre mostrato un’affinità con la ricerca poverista nonché con il modus operandi di Lisa e Tucci Russo. Con loro i rapporti di amicizia e/o di lavoro sono di vecchia data: si ricordano, ad esempio, le cinque personali di Anselmo (la prima nel 1978), le tre di Calzolari (tra cui quella del 1975 che corrisponde alla mostra d’apertura della galleria) e le nove di Long (la prima nel 1983, conosciuto presso la Galleria Sperone tra il 1969 e il 1970).
Basico III dà conto del cambiamento del linguaggio verificatosi nell’arte a partire dagli anni Sessanta e al contempo pone in risalto la linea di continuità seguita sia dai singoli artisti nelle rispettive produzioni sia dalla galleria nel suo percorso quarantennale. Rivela infatti le “basi” da cui questo percorso ha preso le mosse e sulle quali ancora oggi si fonda: la stretta amicizia e collaborazione con gli artisti, il rispetto per le loro individualità espressive, la totale libertà creativa a loro conferita, la concezione ambientale nonché “sacrale” dell’arte, accentuata dal monumentale edificio a Torre Pellice che, situato a circa 60 km da Torino, induce il visitatore a dedicare più tempo del solito alla visita della mostra. Privilegiando la periferia al centro, optando per un’operazione culturale piuttosto che per un’operazione di mercato, preferendo fornire informazioni attraverso un atteggiamento di confronto e di verifica piuttosto che imporre al pubblico le mode del momento, Tucci Russo, insieme a Lisa, dimostra di concepire l’arte quale esperienza del proprio vivere e sentire: per lui, l’opera è l’azione che ogni volta la genera e che lo spettatore ritrova e prolunga per mezzo della propria esperienza. «Basta un solo gesto per esprimere un enorme numero di concetti, poiché un moto perpetuo attraversa ogni opera d’arte», recita non a caso il sottotitolo della mostra del 2011.
In un periodo storico in cui sembra essere il mercato a dettare le regole dell’arte, Lisa e Tucci Russo hanno l’enorme merito di aver avuto il coraggio di continuare a concepire il momento dell’esposizione quale teatro del puro manifestarsi dell’opera in tutta la sua ieraticità.
Arte e Critica, n. 83, autunno 2015, pp. 70-71.